L’alimentazione è un tema più che mai attuale ma, quando parliamo di salute, dobbiamo necessariamente pensare in grande e sviluppare una visione d’insieme. La salute viene definita come «una condizione di armonico equilibrio fisico e psichico dell’individuo, dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale» e alla realizzazione di suddetta condizione concorrono inevitabilmente molti fattori, alcuni dei quali sono controllabili.
Nell’illustrazione vediamo i determinanti della salute, ovvero l’insieme di tutte le componenti con cui interagiamo dal momento del concepimento a quello della morte, capaci di comportare, per ognuno di noi, un potenziale rischio o un potenziale beneficio per la salute.
Il ruolo del nutrizionista consiste nell’individuazione e promozione di tutte le componenti benefiche – note anche come fattori di protezione – e nel minimizzare invece l’esposizione a tutti quelli che possono essere considerati fattori di rischio per la salute.
Anzitutto, dunque, quel che portiamo in tavola ogni giorno e più volte al giorno sicuramente gioca un ruolo chiave, nel bene o nel male: i nutrienti, i composti bioattivi e funzionali presenti negli alimenti possono determinare un importante vantaggio per il benessere della persona, ma additivi, contaminanti e altre sostanze possono invece allontanarci dalla strada della prevenzione e portarci su quella della predisposizione a patologie.
Perché rivolgersi al nutrizionista?
Perché la dieta è il punto di partenza per una vera e propria progettazione e attuazione di un nuovo stile di vita, con l’obiettivo di rendere la persona consapevole degli effetti delle proprie scelte sulla salute. Spesso quando siamo dentro al problema non abbiamo il giusto distacco e la giusta lucidità per renderci conto di doverne uscire o semplicemente non sappiamo come fare e, altrettanto spesso, ci troviamo a disagio e soli con le nostre preoccupazioni: non siamo ancora malati, ma stiamo scendendo su una china pericolosa. Rivolgersi al nutrizionista in questa fase significa anticipare e contrastare l’evolvere di una condizione più grave. L’obiettivo finale è il raggiungimento di uno stato diffuso di benessere, fatto di continue attenzioni e cure che la persona, al termine del percorso nutrizionale, sarà in grado di garantirsi in modo autonomo. Occorre però tempo e perseveranza: modificare le proprie abitudini è il punto cruciale del trattamento ed è la cosa più difficile. Lo stravolgimento delle consuetudini, nonostante porti a magnifici benefici, è difficile e impattante se operato nel breve termine e spesso non produce gli effetti desiderati. Affidarsi a un percorso nutrizionale significa sapere che il “tutto e subito” non ha un vero valore, ma che occorre pazienza perché ci sia accettazione, serenità e risultati permanenti.
Quali sono le prime raccomandazioni da fare?
Anzitutto raccomando di rimanere fedeli al nostro stile di vita mediterraneo e di non lasciarsi trascinare dalle mode e dalle soluzioni semplici e veloci: cibo pronto, precotto, fast food, junk food, cibo industriale. Questi sono alimenti morti, fatti di additivi e sostanze non nutrienti, di materie prime che non hanno mai visto la luce del sole o respirato aria pulita: abbiamo bisogno di cibo vivo, di cibo fresco; deve ancora essere la Terra a nutrirci, secondo la stagionalità, suoli fertili e acque – il più che sia possibile – salubri. Questo è il primo grande nodo da sciogliere per vivere in modo sano e, magari, sviluppare anche una maggiore sensibilità ambientale e territoriale.
Dunque, i miei primi consigli sono: scegliere il km 0 o, comunque, la filiera corta; leggere le etichette e organizzarsi per selezionare e acquistare materie prime e cibo di qualità; non preparare piatti elaborati, ma semplici, cuocere lentamente e dedicare al pasto il tempo necessario.
Già attuando questa serie di piccole accortezze possiamo fare grandi passi sulla strada della prevenzione primaria.