La paralisi cerebrale infantile, che rappresenta la causa più comune di disabilità fisica dell’infanzia, è il nome dato a un gruppo di disturbi motori che derivano da lesioni cerebrali non progressive (cioè che non peggiorano nel tempo). Essa ha una incidenza nei paesi sviluppati di circa 1‰ – 3 ‰ nati vivi, con il più alto rischio tra neonati prematuri, di basso peso alla nascita (inferiore a 1.500 grammi) e nelle gravidanze a gestazione multipla. Alcuni bambini con paralisi cerebrale hanno anche disturbi dell’apprendimento, della vista, dell’udito e del linguaggio. Le lesioni cerebrali che producono paralisi cerebrale possono verificarsi prima, durante o subito dopo la nascita. Nella maggior parte dei casi, la causa esatta non è nota, ma alcune volte può originare da anomalie dello sviluppo del cervello, lesioni cerebrali causate da bassi livelli di ossigeno (asfissia) o problemi circolatori, infezioni o traumi. Sebbene la PC origini da un’anomalia o da un insulto cerebrale che si verifica nel periodo pre-peri o immediatamente post natale, questa disabilità motoria non viene comunemente diagnosticata fino ai 12-24 mesi di età (con una media in Italia di circa 18 mesi), cioè il momento in cui si rendono evidenti i difetti clinici per il danno cerebrale consolidato.
L’IMPORTANZA DELLA TEMPESTIVITÀ
Tuttavia per questa condizione una diagnosi precoce è importantissima perché l’intervento nel primo anno di vita massimizza le opportunità di supporto fisico e di apprendimento – che sono maggiori nelle età più basse e diminuiscono nel tempo con potenziali effetti positivi sullo sviluppo motorio e cognitivo – consente di ridurre la progressione del danno motorio, migliora la gestione delle comorbidità, previene i difetti secondari e le complicanze, migliora l’indipendenza, non ultimo anticipa il necessario supporto psicologico alle famiglie, favorendone dunque il benessere e inoltre, se la vogliamo guardare anche in un’ottica di politica sanitaria, consente una programmazione e una migliore ottimizzazione delle risorse.
Per tale ragione il tema del follow-up neuroevolutivo del neonato a rischio riveste un’importanza sempre crescente negli ultimi anni. Esso va infatti considerato come uno strumento privilegiato per effettuare una sorveglianza sul percorso evolutivo dei nostri pazienti e quindi fondamentalmente è uno strumento privilegiato di prevenzione. Ma la domanda fondamentale è: perché ha tutta questa importanza il ruolo della prevenzione?
Per quanto riguarda il neurosviluppo, sappiamo che, dopo il periodo prenatale legato alla proliferazione e alla migrazione di neuroni, abbiamo il processo della formazione delle sinapsi e della mielinizzazione, che fanno parte dei processi di completamento e della maturazione del sistema nervoso centrale, con rilevanza significativa nell’estrinsecazione di problemi del neurosviluppo, che stanno alla base di un’importantissima caratteristica del cervello umano detta neuroplasticità cerebrale, ovvero la capacità del cervello umano di modificarsi in relazione all’esperienza e all’attività. Gli studi più recenti nell’ambito delle neuroscienze confermano infatti la grande plasticità del sistema nervoso nei primi anni di vita; pertanto è sempre maggiore la consapevolezza che una diagnosi precoce possa consentirci un intervento più tempestivo e darci molte più probabilità di incidere sulla storia naturale del disturbo neurologico, ottimizzando i processi di sviluppo e migliorando significativamente la prognosi. Infatti stanno emergendo evidenze di efficacia di interventi mirati con bambini ad alto rischio, ancorché asintomatici, che possono prevenire o modificare le traiettorie di sviluppo di potenziali disabilità neuromotorie, cognitive e psichiche, oltre al successo di interventi precoci di supporto alla genitorialità. Una diagnosi precoce e un altrettanto precoce e tempestivo intervento possono cambiare, in molti casi, la storia naturale della malattia e prevenire le numerose sequele, evitando un decorso ingravescente e invalidante e diminuendo così in modo rilevante i costi emotivi, sociali ed economici sull’individuo, sulla famiglia e sulla società.
IL SERVIZIO DI FOLLOW-UP NEUROEVOLUTIVO
Quindi, parola d’ordine, Act early: dobbiamo agire presto perché il futuro neuropsichiatrico di quel bambino ce lo si gioca principalmente nei primi mille giorni di vita, i famosi primi mille giorni, in cui attuare un programma di intervento mirato, con tutta una serie di caratteristiche che lo rendono efficace, in modo da promuovere la plasticità adattiva e impedire la plasticità maladattiva. Oggi questo si sa bene e tutti i progressi fatti negli ultimi decenni in campo riabilitativo indicano la necessità di iniziare precocemente i percorsi abilitativi: dalla fisioterapia alle terapie cellulari ci sono molte possibilità per il trattamento di questi bambini e le revisioni sistematiche mostrano che l’intervento precoce cambia la storia naturale di questi bambini consentendogli il raggiungimento della maggiore qualità della vita possibile.
La diagnosi precoce, con gli strumenti giusti, in molti casi può essere fatta fin da prima del quinto mese di vita e nel nostro Servizio di Follow-up Neuroevolutivo, che fa capo alla Struttura Complessa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, seguiamo sia molti bambini a rischio neuroevolutivo, sia bambini che non hanno avuto problemi alla nascita, ma ci vengono inviati dai pediatri di libera scelta per sospetti emersi ai bilanci di salute e, in caso di necessità, li indirizziamo verso il percorso abilitativo più adeguato alle loro esigenze.