Negli ultimi anni, la parola autismo si è molto diffusa, entrando direttamente nelle nostre case, nei programmi televisivi, nei social network e persino nel grande schermo, basti pensare a Forrest Gump (molto probabilmente il più conosciuto e vincitore di molti premi), Temple Grandin (tratto da una storia vera), Tutto ciò che voglio (ci fa capire che volere è potere), Quanto basta (narra qualcosa di difficile da raccontare con la freschezza e leggerezza di una commedia), Tutto il mio folle amore (tratto dal romanzo Se ti abbraccio non avere paura di Fulvio Ervas), nonché alla serie televisiva The Good Doctor (un giovane specializzando in chirurgia è affetto da una forma di autismo). Sicuramente guardare le tante, tantissime pellicole che negli anni hanno trattato questa delicata tematica è un modo per avvicinarsi al mondo dell’autismo.
Ma è nelle scuole che questa parola ha iniziato a prendere veramente piede. L’Assemblea generale dell’ONU ha istituito la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo (WAAD, World Autism Awareness Day) che si celebra il 2 aprile. La ricorrenza richiama l’attenzione di tutti sui diritti delle persone nello spettro autistico. Il 2 aprile è sicuramente un appuntamento importantissimo per sensibilizzare una realtà difficile che non molti conoscono. Ma che cos’è l’autismo?
UNA SINDROME, NON UNA MALATTIA
L’autismo è un disordine neuropsichico infantile, che può comportare gravi problemi nella capacità di comunicare, di entrare in relazione con le persone e di adattarsi all’ambiente. Si presenta nei primi tre anni di vita del bambino: una diagnosi precoce è fondamentale per ottenere risultati positivi nell’intervento. Infatti, i bambini con autismo hanno spesso una percezione sensoriale modificata e difficoltà di linguaggio. Ad ogni modo, l’autismo si presenta in maniera diversa da persona a persona e può essere molto difficile da diagnosticare correttamente.
I bambini con autismo hanno difficoltà ad elaborare correttamente le informazioni provenienti dal mondo esterno. Per questo motivo possono avere difficoltà di apprendimento, che compromettono il loro sviluppo emotivo e intellettivo.
L’autismo rientra nella classificazione dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo; non è classificato come una malattia, ma è una sindrome, quindi come un insieme di disturbi che provocano isolamento affettivo e incapacità di rapportarsi con gli altri. Recentemente il concetto di autismo si è evoluto ulteriormente e, ai giorni nostri, si preferisce la definizione di Disturbo dello Spettro Autistico, così come indicato nella più recente edizione del DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Anche se ad oggi, fortunatamente, si stanno sviluppando sempre più metodi per migliorare le loro abilità sociali, linguistiche e scolastiche, solo genitori, insegnanti e gli educatori che si occupano di loro possono dire di conoscere la grossa difficoltà e, a volte anche la frustrazione, di non riuscire a comunicare e a stabilire un contatto con bambini e ragazzi autistici. Inoltre, poiché ogni persona presenta caratteristiche differenti, come si è detto, è bene diffidare di qualsiasi strategia educativa che venga proposta come una panacea per tutti i bambini e ragazzi autistici.
L’IMPORTANZA DELLA SCUOLA
La scuola ricopre un ruolo fondamentale e spesso decisivo, considerando che il bambino trascorre gran parte del suo tempo nell’ambiente scolastico. Le maestre della scuola dell’infanzia possono essere le prime a notare comportamenti che si discostano dallo sviluppo tipico. Ad esempio:
• difficoltà nel mantenere il contatto visivo;
• tendenza a svolgere attività e giochi solitari;
• difficoltà nella comunicazione e nell’interazione con gli adulti e con i pari.
Inserire a scuola un bambino con disturbi dello spettro autistico implica una forte azione di formazione da parte degli educatori e degli insegnanti, in modo da favorire nel bambino o nel ragazzo l’adattamento, il benessere e l’inclusione reale. Una particolare attenzione deve essere posta anche nella gestione dell’intera classe affinché il bambino possa stare con i suoi compagni in situazioni in cui può beneficiare veramente della loro presenza. Bisogna quindi prevedere un modo per facilitare l’inclusione sociale e può succedere che in alcune situazioni, sempre che la scuola lo permetta, si debbano mettere in atto interventi direttamente con il gruppo dei pari o anche con la classe, mediante attività ludiche cooperative.
Andare nei contesti in cui è inserito il bambino può essere molto utile anche per aiutare a strutturare l’ambiente, per attivare la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), vale a dire un insieme di conoscenze, tecniche, strategie e tecnologie atte a semplificare e incrementare la comunicazione e a usare i più comuni canali comunicativi, con particolare riguardo al linguaggio orale e alla scrittura.
È fondamentale anche studiare il modo migliore per ridurre i comportamenti-problema, cioè tutti quei comportamenti frequenti che mettono in pericolo la persona stessa o le altre persone che gli stanno accanto, ostacolando anche l’accesso all’esperienze o l’apprendimento.