«Quando sei malato, sapere che fuori c’è qualcuno che – pur non conoscendoti – sta contribuendo alla tua guarigione, ti fa sentire meno solo». Con questo spirito e con la voglia di restituire un po’ di quello ricevuto, l’ex pallavolista e campione Giacomo Sintini ha creato, una decina di anni fa, un’Associazione che porta il suo nome (sito web dell’associazione). Sostiene giovani ricercatori con borse di studio e sensibilizza sulla prevenzione e gli stili di vita salutari; si occupa di pazienti oncologici e dei loro cari ai quali offre accoglienza, ascolto e servizi di orientamento. Inoltre collabora con reparti in tutta Italia per allietare le lunghe degenze in ospedale. «Facciamo squadra contro il cancro perché qualsiasi sfida, se affrontata insieme, è più facile». Il 43enne, nato a Lugo (Ravenna) ma che vive da 20 anni a Perugia, ha giocato a pallavolo ai massimi livelli (Perugia, Lube e Trentino volley… per citarne alcune) vincendo tra l’altro Campionati, Supercoppa, Coppa Italia e un Mondiale per club. Oltre a vestire la maglia della Nazionale. Nel 2011, a 32 anni, gli è stato diagnosticato un linfoma al quarto stadio, diffuso, ad alto grado di malignità: dopo 7 cicli di chemioterapia e dopo l’auto-trapianto di midollo osseo è guarito ed è tornato a una vita sana insieme alla sua famiglia.
Videointervista integrale
Come prima cosa: ti devo chiamare Giacomo o Jack?
Jack va bene!
Allora Jack, raccontaci chi sei…
Sono tante cose. Prima di tutto sono un marito, un padre e un uomo di famiglia: questi i ruoli più importanti della mia vita Sono anche un manager e il presidente e l’amministratore dell’Associazione Giacomo Sintini che cerca di dare un contributo e un aiuto concreto alle persone malate di cancro. Ma sono anche un ex giocatore di pallavolo e un campione, non un ex campione – mi arrabbio quando dicono ex campione – perché uno quando è campione, lo è per sempre. Faccio il testimonial dell’UNICEF, della Fondazione Veronesi e di AIRC: in campo benefico non esiste concorrenza, si deve fare squadra. Infine, sono una persona curiosa a cui piacciono le sfide.
Una sfida che porti avanti è l’Associazione Giacomo Sintini…
Esatto. L’Associazione è nata esattamente 10 anni fa, nel 2012. È nata per un sentimento di gratitudine. Io e la mia famiglia eravamo appena usciti dal periodo più difficile, dopo il trapianto di midollo. Abbiamo deciso quindi di creare qualcosa che potesse dare una mano in modo concreto, così da restituire un po’ del bene che avevamo ricevuto. Per questo quando sono uscito dall’ospedale ho detto: «Voglio provare a restituire, voglio provare a fare qualcosa». Piano piano la mia idea è cresciuta e oggi siamo impegnati in diversi progetti in vari ospedali d’Italia, con azioni il più possibile concrete.
Cosa fate di preciso?
Cerchiamo di acquistare dei macchinari, dei letti, delle sedie a rotelle o di arredare al meglio una stanza che magari è abbandonata. Facciamo regali di Natale ai bambini del reparto di Oncologia pediatrica dell’ospedale di Perugia, e diamo sostegno alla comunità del cancro, anche con dei momenti di ascolto.
Tra i vostri ultimi progetti c’è la realizzazione di una palestra presso l’Ospedale San Giovanni Battista di Foligno…
Sì. È una palestra per pazienti oncologici intitolata al dott. Daniele Pinaglia, situata nel reparto di Neuroriabilitazione. L’iniziativa ha visto coinvolti importanti partner che hanno consentito di acquistare dei macchinari di ultima generazione da utilizzare per il recupero dei pazienti. C’è stato un vero lavoro di squadra. Studi dimostrano che un’attività fisica sana, nel post operazione, oltre a portare a un recupero fisico, riduce le possibilità di recidiva. Un altro obiettivo che stiamo portando avanti è con l’ospedale di Ancona: si tratta di un rinnovamento dei locali dell’Ematologia Oncologica.
Quanto è importante la prevenzione?
Portarsi rispetto è molto importante: va fatta il più possibile una vita sana. Serve attività fisica, mangiare bene, non bere troppo alcol e cercare di non essere troppo sedentari. Dico questo perché, il mio quadro clinico era veramente preoccupante, ma l’essere al massimo della condizione atletica mi ha permesso di affrontare delle cure estremamente aggressive, che mi hanno messo in difficoltà fisica ma che grazie all’ottima condizione che avevo sono riuscito a sopportarle. Vorrei sensibilizzare le persone anche verso l’attività benefica perché ci sono pregiudizi e in tanti pensano: «Chissà dove vanno i soldi che invio?» Quindi è bene trovare qualcuno di cui ci si può fidare e cercare di capire dove veramente si può dare un contributo, perché il contributo di tutti è fondamentale. Quando sei malato, sapere che fuori c’è qualcuno che – pur non conoscendoti – sta contribuendo alla tua guarigione e sta pensando a te, ti fa sentire meno solo. Mi ha dato forza sapere che c’era gente che pregava per me, che si dava da fare e che cercava di organizzare cose per farmi stare bene.
La bandiera dell’Associazione arriverà sulla vetta del Monte Bianco. Raccontaci questa storia…
Un bambino – io lo chiamo ancora così perché quando l’ho conosciuto era un bambino, ma ormai ha 20 anni – scalerà il Monte Bianco insieme al suo papà e porterà in cima la bandiera dell’Associazione. Quando l’ho incontrato era stato appena operato a causa di un sarcoma, era in trattamento chemioterapico e gli avevano già sostituito parte dell’osso con una protesi in titanio, per questo non poteva più giocare a calcio ed era molto triste. Allora gli ho detto: «Ci sono tanti altri sport che puoi fare, l’importante è guarire e uscire dall’ospedale». Mi ha ascoltato, è tornato a una vita super sana e si è messo a fare scalate e camminate in montagna. E ora il Monte Bianco!
Segui ancora la pallavolo?
Sempre, sia maschile che femminile. Ammetto che prima la femminile la seguivo pochissimo, ma adesso ho mia figlia che ha 13 anni e gioca a un buon livello per cui mi sto appassionando anche a quella femminile.
Quindi sei stato contento della doppia vittoria agli Europei dell’estate scorsa?
È stata una bella soddisfazione, ma tutta l’estate azzurra di sport è stata memorabile. Ovviamente la pallavolo l’ho seguita con più attenzione perché ho ancora tanti amici in questo mondo e sono molto felice per loro.
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