Di storie a lieto fine ce ne sono tante e il legame che i piccoli pazienti prematuri della Struttura Complessa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia diretta dalla dottoressa Stefania Troiani, instaurano con medici e infermieri dura per molto tempo, a volte per sempre. Mandano foto di viaggi e saggi di danza, passano per un saluto o per gli auguri di Natale. La loro battaglia per vivere inizia appena venuti al mondo e, grazie a questo reparto, molti di loro ce l’hanno fatta. Non vengono abbandonati, continuando visite e controlli, anche dopo la loro dimissione.
«La mamma di un bambino di due anni, che è stato ricoverato per più di sei mesi e che ancora seguo, mi manda sempre le foto dal mare e di quello che fa. Questo ci aiuta nel nostro lavoro, che a volte è duro, a volte è frustrante e a volte è bellissimo» racconta la dottoressa Diletta de Benedictis, pediatra di Neonatologia.
L’IMPORTANZA CRUCIALE DEI PRIMI 28 GIORNI DI VITA
La Struttura Complessa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale nasce nel 2012 come somma tra la Struttura di Neonatologia e la Terapia Intensiva Neonatale, con l’intento di fornire un servizio integrato e completo.
La neonatologia – che si occupa del neonato dalla nascita ai 28 giorni di vita – assiste circa 2.200 nati all’anno e, con il servizio di terapia intensiva, copre un bacino d’utenza di circa 5.000 nati.
In quest’area, dotata di sei posti letto (più otto di subintensiva), sono ricoverati i neonati gravemente prematuri oppure nati con patologie che richiedono sostegno delle funzioni vitali, quali nutrizione endovenosa o ventilazione artificiale, e interventi diagnostici e terapeutici complessi. La terapia subintensiva invece è un’area nella quale i piccoli che non sono più critici, ma che necessitano di monitoraggio e di cure, possono affrontare la convalescenza prima della dimissione; a queste si aggiunge la patologia neonatale, dove vengono ricoverati quelli che necessitano di brevi controlli. Infine, i neonati che non hanno bisogno di particolari cure vengono assistiti in regime di rooming-in: stanze in cui mamma e bambino hanno la possibilità di stare insieme.
«Nel nostro reparto assistiamo sia neonati a termine sia pretermine, cioè nati prima delle 40 settimane di gestazione. Il tempo limite compatibile con la vita fuori dal corpo materno è di 23 settimane, sotto quella soglia un neonato non è in grado di vivere nemmeno con i supporti nutrizionali e di ventilazione che abbiamo. La nostra terapia intensiva è di terzo livello, con capacità multispecialistiche, con dispositivi di ventilazione non invasiva e oscillatoria e con la possibilità di fare l’ipotermia terapeutica, un trattamento che porta il corpo del piccolo a 33° C e lo mette al riparo da alcuni tipi di danni cerebrali causati da una sofferenza perinatale. Più ci si avvicina alle 40 settimane di gestazione maggiore è la possibilità di sopravvivenza, mentre l’alta prematurità aumenta il rischio di morte o può portare problematiche di tipo respiratorio, infettivo o neurologico. La nascita prematura è causata da diversi fattori: si può verificare un’infezione della placenta o del liquido amniotico, ma anche dall’età materna – molto alta o molto bassa – dallo stato socioeconomico (corretta nutrizione, utilizzo di farmaci o stupefacenti), dal percorso generale della gravidanza o dalle patologie di base. Se la mamma contrae la sifilide, la toxoplasmosi o altre infezioni o se le ecografie hanno evidenziato problematiche di vario genere, i ginecologi ci comunicano i rischi così da essere pronti e intervenire tempestivamente» spiega la dottoressa.
IL RUOLO DEI FAMILIARI
La fusione tra personale sanitario e genitori è totale, con un rapporto di fiducia reciproca e collaborazione; il condividere questo difficile percorso – che può durare a volte oltre sei mesi – allaccia legami anche tra i genitori stessi.
«Il loro ruolo è importantissimo e il nostro obiettivo è coinvolgerli il più possibile, insieme anche ai fratelli, ai nonni e agli zii, così da instaurare subito un legame con il bambino. Per questo pratichiamo la Kangaroo Care (marsupio terapia) perché il rapporto pelle a pelle è fondamentale. Il bambino – intubato e monitorato – viene adagiato sul petto nudo dei suoi genitori o di un fratello: restano così per ore. In questi momenti gli possono parlare, cantare, una professoressa d’italiano ad esempio raccontava a suo figlio le campagne di Napoleone. Ognuno può interagire con lui o lei come vuole. Questo riduce lo stress neonatale, stabilizza i parametri vitali e favorisce la mobilità del bambino. Poi abbiamo i progetti Nati per la musica e Nati per leggere: una volta dimesso il bambino, consigliamo ai genitori di fargli ascoltare la musica, di leggergli qualcosa e fargli vedere le figure, per attivare le connessioni cerebrali e incentivare il rapporto. Un altro consiglio, soprattutto per i prematuri che hanno difese immunitarie fragili, è quello di contenere gli incontri con parenti e amici: il piccolo va inserito nel contesto familiare, ma è bene proteggerlo da infezioni e malattie» prosegue la pediatra.
Nel reparto sono presenti anche altre strutture di assistenza e prevenzione: tra queste, la Banca del latte, che custodisce latte donato da altre mamme: «Il latte materno è il miglior alimento per nutrire un neonato, a maggior ragione i prematuri. Con questi ultimi si inizia piano piano il contatto con il latte, poche gocce – anche 10 volte al giorno – per far abituare l’intestino. È un nutrimento fondamentale» conclude la dottoressa.
Dott.ssa Diletta de Benedictis
Specialista in Pediatria, Divisione di Neonatologia & Cura Intensiva Neonatale Dipartimento Materno-Infantile Azienda Ospedaliera di Perugia Ospedale Santa Maria della Misericordia
Piazza Menghini n.1, 06129 Perugia
075 5786464
diletta.debenedictis@ospedale.perugia.it