Sotto la direzione di Marco Prestipino, l’ala di chirurgia pediatrica dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia è diventata un vero e proprio centro di riferimento per la salute del bambino, da 0 a 14 anni. Con ben due specializzazioni – una in chirurgia pediatrica e una in urologia pediatrica conseguita all’Hôpital Femme Mère Enfant di Lione, il più prestigioso ospedale pediatrico d’Europa insieme al Great Ormond Street di Londra – il Dottor Prestipino ha accettato di buon grado di rispondere a qualche domanda, utile a comprendere l’importanza di un medico specializzato e al passo con i tempi per il benessere del bambino e per uno sviluppo ottimale della sua vita futura.
Innanzi tutto, chi è il chirurgo pediatra?
Il chirurgo pediatra è un medico che ha compiuto un percorso di formazione specialistica nello studio e nel trattamento di patologie malformative e disfunzionali dei bambini, da quelli prematuri o comunque neonati agli adolescenti. Più che altro posso dire chi non lo è: un chirurgo che non abbia compiuto gli anni di specializzazione e non abbia sviluppato le competenze di chirurgia sul neonato e bambino in reparti specialistici che, oltretutto, in Italia sono pochi.
Di cosa si occupa?
Oggi il lavoro è principalmente capire e costruire un percorso di presa in carico di un bambino, personalizzato sulla sua storia clinica e orientato al futuro. Il bambino, diversamente dall’adulto, è un organismo che matura e cresce; invece l’adulto, dopo la pubertà, invecchia. Sono situazioni completamente diverse e non sovrapponibili. Troppo spesso il bambino viene visto come un adulto piccolo e questo porta a errori di trattamento chirurgico che si manifestano nel tempo e spesso risultano irreparabili, anche a fronte delle patologie più comuni.
Può farci un esempio?
Già la banalissima circoncisione, se fatta con i criteri della chirurgia dell’adulto, porta a modificazioni irreversibili funzionali e/o anatomiche del pene che crescerà. Modificazioni che, alla lunga, diventeranno invalidanti. Non parliamo poi di patologie che necessitano di tecniche molto più complesse, come quelle della ricostruzione delle vie urinarie per malformazioni genito-urinarie o della chirurgia della disfunzionalità intestinale. Vengono messe in atto delle tecniche che ancora oggi sono oggetto di modifiche e aggiornamenti continui, i quali prevedono da parte nostra ore di studio e formazione complementare.
Si potrebbe dunque parlare di una nuova generazione di chirurghi pediatri?
Assolutamente sì. Anzi, parafrasando il mondo dell’elettronica, potrei dire chirurgo pediatra 2.0. La prima generazione è stata impegnata esclusivamente nella messa a punto di tecniche e strategie per la sopravvivenza dei bambini. Per noi ora è diverso, la sopravvivenza si dà pressoché per scontata e la sfida è l’outcome, cioè capire i meccanismi intrinseci di ogni caso che presenta una malformazione e agire nei termini della qualità della vita futura. La gestione ottimale di un bambino implica delle responsabilità sociali future.
Cambia anche l’approccio nei confronti del paziente e delle sue esigenze, naturalmente.
Esatto. È importante per prima cosa comprendere che il paziente pediatrico ha delle peculiarità alle quali bisogna prestare particolare attenzione, motivo per cui la gestione – dalla diagnosi al follow up a lungo termine, passando per l’intervento chirurgico – non può ovviamente avvalersi degli stessi principi che utilizzeremmo con un paziente adulto. È fondamentale impostare una pianificazione strategica e individualizzata, che consideri l’unicità clinica nonché umana del bambino e che tenga in considerazione le aspettative e i timori dei genitori. Si tratta di un approccio a 360 gradi che parte quando il bambino è ancora nel grembo materno.
Quanto conta il cosiddetto fattore umano?
È un fattore per noi imprescindibile e qui gioca un ruolo fondamentale l’esperienza del nostro team multidisciplinare. E non mi riferisco solo alla nostra équipe chirurgica, ma a tutto l’entourage che si occupa della presa in carico del piccolo paziente: le infermiere che si occupano dell’assistenza, i radiologi e gli anestesisti pediatrici, tutte figure professionali formatesi negli anni per rispondere alle particolari necessità del bambino e della sua famiglia, oltre che alla particolarità della sua patologia. Questo è il motivo per cui tutto lo staff ha la necessità di essere sempre aggiornato non solo sulle tecniche da utilizzare, ma sugli sviluppi della tecnologia, con le relative novità in termini di strumentazione e farmaci. Tutti elementi che influenzano l’outcome, ovvero l’efficacia delle cure prestate.
Quali sono queste particolari patologie di cui parla?
In realtà ci occupiamo di una gamma davvero ampia di malattie. Ogni anno eseguiamo centinaia di interventi che vanno dalla piccola-media all’alta chirurgia e urologia: dalla fimosi, l’ernia o i testicoli ritenuti – patologie abbastanza comuni al giorno d’oggi – fino alle gravi malformazioni neonatali, alle anomalie di genitali e apparato urinario, alla chirurgia d’urgenza e alla chirurgia oncologica pediatrica. Ma non tutta la nostra attività si svolge all’interno della sala operatoria: ogni anno eseguiamo circa mille visite, ripartite tra consulenze effettuate presso altri reparti come la pediatria e la nostra attività ambulatoriale che, oltre a individuare il paziente che necessita della terapia chirurgica, è incaricata di trattare le patologie disfunzionali digestive e urologiche.
Trattate anche pazienti provenienti da altre regioni?
In quanto unico centro di riferimento della regione, la maggior parte dei nostri pazienti proviene dal territorio umbro. Tuttavia, ne abbiamo in cura molti provenienti da fuori, la maggior parte dei quali si affida a noi proprio per essere sottoposta a interventi chirurgici, oltre che per essere seguita presso i nostri ambulatori. Sotto questo aspetto, negli ultimi anni abbiamo notato anche un buon indice di ritorno: molti pazienti umbri, che si erano rivolti a centri fuori regione, adesso sono tornati da noi.
Abbiamo poi pazienti provenienti da tutta Italia, ma principalmente da Toscana, Campania, Emilia Romagna, Marche e Lazio. Grazie alla collaborazione con la Regione Umbria siamo stati partecipi anche di svariati progetti umanitari per operare bambini provenienti da altre nazioni.
Studio, aggiornamento, volontà di migliorarsi e lavoro di squadra fanno in modo che i piccoli pazienti possano contare su professionisti competenti e qualificati, in grado di ascoltare e comprendere le loro esigenze e peculiarità. E assicurare loro una vita degna di essere vissuta.
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PEDIATRI 2.0: COSA C’È OLTRE L’INTERVENTO
La storia di Giulia è l’esempio di come scienza e umanità possano andare di pari passo. Giulia, fin dalla nascita, ha dovuto lottare con gravi problemi di salute a causa di una malformazione congenita rara: l’atresia dell’esofago con fistola tracheo-esofagea. Non è possibile vivere con questa patologia perché ciò che si verifica è l’ostruzione del tratto superiore dell’esofago con la conseguenza che, oltre a essere impedito il passaggio di qualsiasi sostanza dalla bocca allo stomaco (inclusa la saliva), l’alterata comunicazione tra esofago e trachea comporta anche il rischio di passaggio dei succhi gastrici acidi nelle vie respiratorie.
Ed è proprio a questo punto che entrano in azione i pediatri 2.0 della Struttura Complessa di Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. L’équipe altamente specializzata – composta dal Dr. Marco Prestipino, dal Dr. Berardino Melissa, dal Dr. Mohamed Vincenti, dal Dr. Nicolò Nardi e dalla Dott.essa Elisa Magrini, ha seguito costantemente Giulia in tutte le fasi dell’intervento, dalla preparazione preoperatoria al decorso postoperatorio in TIN, dove la neonata è rimasta in osservazione per verificare la corretta cicatrizzazione dell’esofago.
Ma in quei giorni non è stata solo Giulia a ricevere aiuto. Tutti i medici, infatti, si sono preoccupati anche dei suoi genitori, fornendo loro continuamente informazioni sullo stato di salute della bambina affinché fossero sicuri della riuscita dell’intervento e soprattutto dei miglioramenti che si sarebbero verificati nella qualità della sua vita.
E la storia di Giulia il lieto fine lo ha avuto, perché oggi riesce ad alimentarsi e a respirare in modo corretto e può condurre un’esistenza adeguata alla sua età e alle sue esigenze. Ai genitori di Giulia però non è bastato ringraziare tutti i professionisti che si sono presi cura di lei. Hanno voluto fare di più. Hanno voluto lanciare un messaggio chiaro e preciso: la cura della malattia avviene anche attraverso la solidarietà e l’ascolto attivo nei confronti di chi ne ha bisogno. E per questo, come gesto simbolico di vicinanza a tutti i genitori di bambini con problematiche di salute, hanno donato, alla Struttura Complessa di Chirurgia Pediatrica, dei nuovi strumenti con cui i medici potranno aiutare tutti i loro piccoli pazienti in difficoltà, come lo era prima Giulia.